A MOSTAR CON LA LAUREA IN TASCA - SCELTA DI VITA

Riportiamo un articolo di Matteo Bellotto, apparso su Il Friuli del 6 Febbraio 2009, inerente un'esperienza di volontariato all'estero. cittAccesa, con la collaborazione di altre associazioni spilimberghesi, sta organizzando un incontro in cui raccontare un'esperienza simile, in Kenya. Seguiranno maggiori info!

"La gemonese Federica Moro, terminati gli studi, ha scelto di trasferirsi in Bosnia per insegnare italiano.

Tra tutti coloro che decidono di intraprendere un’esperienza all’estero, c’è anche chi, oltre alle mete più classiche, sceglie di partire per posti meno “comodi”, affrontando situazioni difficili, anche drammatiche, che, però, possono arricchire profondamente.

Federica Moro è nata a Gemona, cullata dalla tranquillità della provincia friulana e dopo la laurea a pieni voti in Scienze e tecniche dell’Interculturalità a Trieste ha deciso di trasferirsi nei Balcani, in Bosnia Erzegovina.

Durante gli studi, infatti, Federica aveva avuto l’opportunità di accostarsi alla lingua, alla cultura e alla storia del posto e di fare un breve viaggio in BiH. Così, una volta conseguita la laurea, ha deciso di partire.

L’opportunità è arrivata grazie ad un progetto del Servizio volontario europeo a Prozor-Rama e a Sarajevo. Federica si è trasferita, quindi, a Banja Luka dove è diventata lettrice di lingua italiana per l’università locale. Infine, si è stabilita a Mostar, dove per due anni e mezzo ha lavorato in un progetto di cooperazione allo sviluppo.

Attualmente, si trova a Mostar e fa l’insegnante di letteratura italiana al Collegio del Mondo Unito.

Ma cosa spinge una giovane ragazza della provincia di Udine a intraprendere un’esperienza del genere? “La continuità tra il paesaggio friulano e quello bosniaco – spiega – e la ricchezza di stimoli che le persone offrono in questa terra martoriata dalla guerra”.

Chiacchierando con Federica, si scopre quanto le similitudini e le differenze tra il carattere friulano e quello bosniaco si tocchino in vari punti. La diffidenza iniziale delle persone che si trasforma poi in amicizia profonda e la generosità gratuita sono motivo ricorrente nelle sue parole.

Ma le differenze rispetto alle nostre abitudini sono ancora più significative. “Ascoltando le storie delle persone che ho incontrato e incontro - spiega Federica -, ho avuto modo di guardare la mia vita con occhi diversi. Sentirli parlare della guerra, dei campi minati e di concentramento e delle terribili disavventure subite, mi ha fatto riconsiderare tutte le lamentele che siamo soliti fare ogni giorno. Le forti esperienze che ho provato mi hanno fatto guardare alla mia storia personale con altri occhi, scoprendo anche quanto, tutto sommato, si è fortunati in Friuli e quante cose piacevoli ci sfuggono nel nostro quotidiano. D’altra parte è anche interessante notare come, anche in circostanze così diametralmente opposte, i problemi e i desideri degli giovani si somiglino un po’ tutti”.

Mostar, come Sarajevo, è una città fisicamente e psicologicamente circondata. Fisicamente, dalle montagne che la abbracciano e, su una cima, un’enorme croce che ricorda il punto da dove partivano i bombardamenti e, psicologicamente, perché dopo quanto successo si vive fidandosi sempre meno del futuro.

Ma quale sentimento ha portato Federica a rimanere in un luogo così carico di significati?

“Mostar è stimolante, ricorda la nave di Novecento, dove rimanendo fermi si può vedere il mondo passare. Dopo la ricostruzione la città si è riempita di stranieri e ci si può trovare in un’atmosfera cosmopolita. Di contro, rimanerci molto è difficile e straniante, accanto a persone che non hanno ancora risolto il trauma della guerra e rielaborano l’accaduto, mettendoti davanti a cose che difficilmente potremo capire. Dopo un po’ la tentazione è quella di staccarsi da tutta la pesantezza che si respira.”

Un’esperienza così porta anche alla luce aspetti della nostra terra che dall’esterno risultano più chiari. “Ci sono delle cose uniche in Friuli, come l’amore quasi fisico per la propria terra e la cura dei particolari che là mancano. I problemi della guerra hanno falsato il rapporto con la terra: a Mostar la gente è innamorata del fiume, la Neretva, ma non impedisce che gli scarichi ci confluiscano, ama le proprie montagne ed i campi ma non li cura come si fa in Friuli. C’è da dire però che loro sanno godersi la vita e sono enormemente gelosi delle tradizioni. La “Sevdalinka”, la musica tradizionale dell’Erzegovina è cantata e ballata indifferentemente da adulti e giovani. C’è una grande voglia di far festa tutti insieme.”

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