3° Cultura della Giustizia ...

"… mi occupo pressoché esclusivamente di criminalità mafiosa. E sono ottimista perché vedo che verso di essa i giovani, siciliani e non, hanno oggi attenzione ben diversa da quella colpevole indifferenza che io mantenni sino ai quarant'anni. Quando questi giovani saranno adulti avranno più forza di reagire di quanta io e la mia generazione ne abbiamo avuta."

Queste parole, citate da Salvatore Borsellino, sono incluse nell'ultima lettera che Paolo scrisse proprio il giorno della sua morte (la lettera integrale si può leggere qui:
http://www.rifondazione-cinecitta.org/mafia-borsellino.html)
Serata coinvolgente, ad ampio raggio e proficua per il numeroso pubblico che ha riempito la sala della casa dello studente di Spilimbergo. L'associazione Astrea, grazie a cittAccesa, ha promosso a Spilimbergo un incontro di informazione in cui ha sviluppato un percorso sulla CULTURA DELLA GIUSTIZIA, per parlare di mafia e combattere quella colpevole indifferenza di cui scrisse Paolo Borsellino.

Presentati da Saverio Galluccio, moderatore del gruppo, sono intervenuti, nell'ordine: Avv. Massimo Bergamasco di Monfalcone; dott. Adriano Segatori, psichiatra e psicoterapeuta di Gorizia, dott. Benny C. Borsellino, nipote degli imprenditori Borsellino di Lucca Sicula, vittime della mafia, prof. Vincenzo Guidotto, consulente nazionale della Commissione Parlamentare Antimafia; ing. Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo Borsellino.

Il percorso ha spaziato attravarso il tema della mafia (portando esempi di come il fenomeno sia presente anche al Nord!), ha portato a riflettere sui concetti di legalità e legittimità, sulla necessità di una coscienza antimafia diffusa, per arrivare a riflessioni legate allo stile di vita attuale, che spesso porta a un 'elogio della furbizia' e a quell'indifferenza diffusa che porta ancora a ignorare certe logiche. A tutti è stato rivolto l'invito di consultare il sito:
www.gioacchinobasile.it.
Spesso in Italia, ha ricordato Segatori, la legalità contrasta con la legittimità, per cui vengono compiuti atti legali ma illegittimi, oppure all'opposto, ci sono atti illegali che possono essere considerati legittimi. La legalità è rappresentata da un codice scritto, la legittimità invece deve essere trasmessa attraverso l'esempio, solo così può essere interiorizzata, per cui per primi i rappresentanti dell'autorità dovrebbero dare esempio di senso della cultura della legittimità attraverso le loro azioni. Per una cultura della legittimità bisogna che la norma efficace agisca sempre all'interno di un ordine stabilito, riconosciuto, condiviso, e soprattutto senza creare contraddizioni. Quello che si dimentica è che il fenomeno mafioso è strutturale al sistema, a partire dai piccoli gesti che nella quotidianità portano all'elogio della furbizia, a premiare le piccole trasgressioni della legalità nella vita d'ogni giorno. Benny Calasanzio Borsellino, dopo aver raccontato l'esperienza che ha vissuto assistendo alla morte dello zio e del nonno uccisi dalla mafia, ha poi ricordato come la magistratura possa arrivare fino ad un certo punto, dopo di che serve l'intervento delle istituzioni e dei partiti politici. Il prof. Guidotto ha affermato come un grande errore di Leonardo Sciascia è stato quello di limitarsi a descrivere lo stato delle cose senza nominare la mafia, diffondendo così un generico senso di disillusione, senza impegnarsi e agire. Al contrario, l'unico sistema per combattere la mafia, sostiene Guidotto, sembra proprio l'impegnarsi nel creare una sensibilizzazione pubblica che serva a creare una coscienza collettiva antimafia. Ha affermato la necessità di combattere la corruzione che costituisce l'anticamera della mafia, menzionando un incontro tra il giudice Borsellino e gli studenti di Istituto professionale di Stato per il commercio "Remondini" di Bassano del Grappa avvenuto il il 26 gennaio del 1989 (cfr.: http://www.arcoiris.tv/modules.php?name=Unique&id=1902).
Infine, Salvatore Borsellino ha sottolineato il suo impegno come scrisse nella lettera aperta del 15 luglio 2007, intitolata "19 Luglio 1992 : Una strage di stato", che diffuse ai media (ad esempio cfr.
http://www3.varesenews.it/italia/articolo.php?id=77421).
Se, dopo la strage di via d'Amelio, ci fu un risveglio della coscienza civile per la lotta contro la mafia, ora essa "si è di nuovo assopita sotto il peso dell'indifferenza e quella che sembrava essere la volontà di riscatto dello Stato nella lotta alla mafia si è di nuovo spenta, sepolta dalla volontà di normalizzazione e compromesso e contro i giudici, almeno contro quelli onesti e ancora vivi, è iniziata un altro tipo di lotta, non più con il tritolo ma con armi più subdole, come la delegittimazione della stessa funzione del magistrato, e di quelli morti si è cercato da ogni parte di appropriarsene mistificandone il messaggio".
Attaverso il dibattito tra Astrea e il pubblico presente in sala è emerso il bisogno di un'informazione che vada oltre a quanto propagandato dalla TV. Per combattere una 'cultura dell'illegittimità', presenti anche in alcuni giovani oggi, occorre contrastare il clientelismo, il favoritismo, 'l'avere le spalle coperte' che scendono dall'esempio di parlamentari e adulti e che sembrano consentire quell'atteggiamento di trasgredire impunemente la legge, tutto il contrario di una credibilità dello Stato che risiede invece nel far rispettare il principio del 'chi sbaglia paga'. Si dovrebbe, invece, diffondere la necessità di una prevenzione e repressione dei reati che passi attraverso leggi efficaci e processi veloci e un numero adeguato di magistrati, il bisogno di eliminare il dualismo economico Nord – Sud ed evitare che nelle istituzioni ci siano persone corrotte.

5 commenti:

Laura Concina ha detto...

Bellissima l'idea del sito!
Vi terrò d'occhio!
Bello avere informazioni di questo genere direttamente dalla città natale...
E bravi ragazzi!

Anonimo ha detto...

Dai contenuti che deduco da quanto letto sia qua, che da altre persone che erano invece presenti all'incontro riferendomi, in merito, molti particolari, ho compreso che un tema che sabato scorso non è stato affrontato, se in minima misura, è quello delle garanzie e dei diritti degli imputati che, fino a prova contraria, fino alla sentenza della Cassazione sono da considerarsi innocenti, caso Tortora insegna.
Anche se posso, sia ben chiaro, pienamente comprendere il desiderio di giustizia a 360° che alberga anche in me ma che, però, a differenza di qualcuno quella sera, non inficia in alcun modo il mio desiderio di una giustizia, ribadisco, giusta che colpisca chi deve colpire senza guardare in faccia a nessuno, parere mio.

azzurropillin ha detto...
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Unknown ha detto...
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elenio ha detto...

Dopo il ringraziamento agli organizzatori aggiungo due considerazioni sulla serata di sabato scorso.
A mio parere il titolo non era molto azzeccato. Mi sarei aspettato un dibattito in cui si parlasse di giustizia a tutto tondo, includendo anche quella componente di garantismo propria dei nostri codici. Infatti, più di qualche volta gli oratori hanno parlato di arresto e di condanna trattando i due termini come sinonimi. Ovviamente sbagliando. E infatti l'intervento di Rizzotti, seppur a sua volta eccessivo sull'altro fronte (vedi i riferimenti a De Magistris e alla Forleo, e alla richiesta fuori logo di arresto) ha cercato di ristabilire gli equilibri.
L'altra considerazione riguarda l'intervento di Segatori che ha disquisito su legittimità e legalità. Mi pare che abbia affrontato il ragionamento trascurando un passaggio essenziale. La legittimità uno Stato la acquisisce e la esercita facendo rispettare le leggi, ossia la legalità. Con gli esempi della cosiddetta "porno-prof" e di Cicciolina ha confuso il concetto di legittimità con quello di moralità.
Suggerisco al comitato di proseguire ed animare il dibattito anche dentro il blog, non lasciandolo terminare con la fine dell'evento stesso.