Terremoto in Abruzzo


..."la terra", per usare la frase sentita ieri ad Onna in bocca a una ragazzina che trema come una foglia al ricordo, "comincia a sbattere come la coda di un drago impazzito".


Esprimiamo un profondo cordoglio alla popolazione abruzzese, colpita con durezza dai sismi degli ultimi giorni.

Molte notizie si trovano, ovviamente, nelle prime pagine di tutti i giornali italiani, ma anche in altri siti utili, come quello dei Vigili del fuoco, della Croce Rossa Italiana, della Protezione Civile.

A chiunque volesse fare delle donazioni consigliamo di affidarsi ad organizzazioni ed enti conosciuti.
A chi inoltre volesse redersi volontario per i soccorsi (di vario tipo) sul luogo del disastro, sconsigliamo fortemente l'approccio "fai-da-te", autonomo, non coordinato. La forte spinta emotiva è certo ammirevole, ma in queste situazioni rischia di essere d'intralcio alle operazioni di soccorso, che sono plesemente complicate. Tra l'altro, il numero di volontari sul posto è già elevatissimo (e quindi richiede di per sè un grande sforzo logistico, di sostentamento e di coordinamento). E' altresì necessario fare riferimento e dare la disponibilità a gruppi di esperti inquadrati all'interno del sistema di protezione civile nazionale.

Nella drammaticità della situazione, proviamo ugualmente ad avanzare una considerazione "positiva".

Il terremoto del Friuli, del 1976, è stato sicuramente un cataclisma che ha troncato vite (quasi un migliaio), distrutto case, segnato profondamente le esistenze di due o tre generazioni di friulani.
Ma non è stato "solo" questo.
Una volta superata la fase iniziale, la più critica, vi è stata una mobilitazione generale della popolazione, della nazione, e "delle coscienze". Al sentimento di disperazione e sconforto, si è sostituito, pian piano, quello di voglia di ricominciare, di ricostruire, di riprendere a vivere, di aiutarsi gli uni gli altri, di vicinanza e fratellanza.
Il Friuli si è ricostruito, e non solo nel senso "abitativo" e urbanistico. Si è creata una nuova coscienza comune, la consapevolezza di un trauma vissuto assieme, e di un percorso di ricostruzione condiviso.
Il taramot è una ferita oramai superata, "rimarginata", ma sempre scolpita nel corpo e nel cuore dei friulani che l'hanno vissuto. I furlans sono sicuramente diventati più forti, più uniti, "grazie" al terremoto. I racconti di chi lo ha vissuto, intrisi di tristezza, rabbia, dolore, ma anche orgoglio, ne sono testimonianza.
Speriamo veramente possa essere così anche per gli abruzzesi.

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